Cosa è una foto?

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(Carlo Alberto Hung) – Alcuni giorni fa mi sono soffermato a riflettere su cosa sia realmente una fotografia. Che cosa spinge un essere umano a prendere un mezzo come una fotocamera, cambiare delle impostazioni, inquadrare un soggetto e scattare una foto? Cosa lo stimola poi anche a condividere una foto su un social network o a farla vedere a un amico?

Al di là delle risposte banali, come per esempio per quanto riguarda la fotografia commerciale, mi sono reso conto che non si tratta di una domanda semplice a cui rispondere. Una fotografia è, secondo me, un messaggio. Il messaggio che si nasconde dietro un’immagine può essere volontario o involontario ma è sempre lì. Prendiamo per esempio la fotografia di un paesaggio. Si potrebbe dire che è una foto fine a se stessa, limitata nel far conoscere la bellezza di un paesaggio. Eppure non è così semplice. Una foto di un paesaggio è esattamente quel preciso istante in cui il fotografo ha osservato una scena e ha permesso alla luce di scrivere qualcosa sul suo sensore. Quella foto è il passato ma è al tempo stesso il presente e il futuro di ciò che quel luogo rappresenta è e, potenzialmente non sarà più.

Di recente ho letto un interessante libro del famoso fotografo mio conterraneo Ferdinando Scianna, a proposito di fotografia e identità. Le sue sagge parole mi hanno fatto riflettere sul fatto che la fotografia non è qualcosa di statico, cioè che una volta catturato rimane uguale. Le fotografie cambiano e riescono a essere un meraviglioso paradosso in cui si fondono insieme la nuda e cruda verità scientifica di un istante e contemporaneamente la dinamicità di un cambiamento. Se prendessi ancora la foto del meraviglioso paesaggio e scoprissi che oggi, al suo posto, si ergono giganti di cemento, la foto sarebbe cambiata perché non sarebbe più il messaggio di un fotografo che racconta la bellezza che è, ma la bellezza che fu. Il modo stesso di vivere quella fotografia e di leggere quel messaggio cambierebbe. In un caso sarebbe un ricordo di qualcosa che è e che non si ha sotto gli occhi, in un altro caso sarebbe il ricordo, magari doloroso, di ciò che non è più.

Scianna fa un esempio ancora più ardito, supponendo di prendere la foto di un ex fidanzato. In quel caso è evidente che fino a un certo periodo della vita, il messaggio era di tenerezza e amore mentre si conservava la foto all’interno del portafoglio o sempre in tasca, mentre potrebbe essere di rancore.

Continuando a riflettere su questo tema sono giunto a una conclusione che è puramente personale e che forse si sposa bene con alcuni pensieri e non esclude necessariamente altre possibilità: una fotografia è un messaggio tra il soggetto, il fotografo e l’osservatore, è la realizzazione paradossale dell’annullamento del tempo e dello spazio, capace di mentire e dire la verità allo stesso tempo, vittima dell’interpretazione degli occhi e del contesto.

Cercando di essere più specifico, cosa è una foto per il fotografo che la realizza? Per me è una parte della mia identità che si trasmette e si traduce nella scelta di un istante, di un soggetto, di una luce e di una impostazione, realizzata attraverso un mezzo che fa sì che io sia solo l’umile mano che premendo un pulsante lascia che la luce racconti qualcosa di me.

Ed è dunque questo ciò che la gente cerca nella fotografia: un modo per raccontare qualcosa di sé, di condividerlo e di condividersi con gli altri, un modo di dialogare e di parlare, soprattutto ora che siamo nell’era in cui la comunicazione, quella vera, sembra essere passata decisamente in secondo piano.

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